Dalle ricercatrici del Sacco e dello Spallanzani alle infermiere e i dottori che lavorano instancabilmente nelle corsie degli ospedali: sono tante le figure femminili al centro di questa battaglia, contro la pandemia del Covid-19, il Coronavirus.
Un’emergenza nazionale (e ormai internazionale) che fin dal primo giorno ha visto ricercatrici, anestesiste, medici, infermiere, figlie e madri in prima fila per combattere il diffondersi dell’epidemia. Donne che da settimane lavorano giorno e notte per arginare le conseguenze di un virus altamente contagioso.
Tra loro ci sono le ricercatrici del Sacco di Milano che hanno contribuito a isolare il ceppo italiano del Coronavirus. Le scienziate dello Spallanzani, le prime in Italia ad aver isolato il virus. Donne precarie, come Francesca Colavita, assunta dopo aver contribuito a questa scoperta (l’iter dell’assunzione era già avviato).
Ci sono le virologhe Maria Rita Gismondo e Ilaria Capua. Direttrice l’una di Microbiologia clinica dell’ospedale Sacco di Milano e l’altra di un dipartimento dell’Emerging Pathogens Institute dell’Università della Florida, inserita nel 2014 da Scientific America nell’elenco dei 50 studiosi al top della scienza mondiale.
C’è poi il fronte degli ospedali, quello dei medici e delle infermiere, le prime a vedere da vicino la sofferenza, le terapie intensive. Le storie di infermiere stravolte che si sono viste regalare la cena da una signora, commossa dal loro impegno continuo ed estenuante.
Certo, una medaglia al valore sarebbe un bellissimo riconoscimento simbolico ma se vogliamo onorare il personale sanitario – per tutte le 168mila dottoresse e le 234mila infermiere, impegnate in Italia – dovremmo sempre sostenerle, assicurando loro dignità, opportunità e parità economica ed eliminando il cosiddetto il gender pay gap, ovvero la disparità retributiva tra uomini e donne, impegnati in prima linea, ogni giorno, oggi contro il Covid-19.